Legambiente rende noto che l’Unione Europea ha stanziato fondi importanti per opere di pubblica utilità. L’associazione ambientalista vuole dare il proprio contributo al Governo e al dibattito pubblico “per aumentare la qualità della vita, recuperare ritardi nelle infrastrutture, produrre un salto di qualità nella modernità. Sono 170 le opere pubbliche, 11 le emergenze nazionali e 5 quelle regionali segnalate da Legambiente”.
L’associazione ambientalista ha realizzato un elenco dettagliato, suddiviso per regione e per tipologia di intervento, messa in sicurezza, bonifica, trasporti, infrastrutture, di opere grandi, medie o piccole che consentirebbero agli Italiani di vivere meglio. I criteri sono quelli dell’utilità per i cittadini e i territori, miglioramento della sicurezza sismica, idrogeologica e sanitaria, dell’innovazione del sistema di mobilità, di un minore consumo delle risorse naturali, della transizione energetica.
Tra le emergenze nazionali che riguardano l’Umbria, Legambiente individua i ritardi della ricostruzione dei territori del Centro Italia colpiti dagli eventi sismici del 2016-2017. A distanza di oltre tre anni dal sisma si continua a prorogare lo stato di emergenza, la macchina della ricostruzione cammina troppo lentamente, procede a singhiozzi e, soprattutto, c’è ancora troppa confusione nonostante si siano succeduti quattro governi di colori diversi e prodotto numerosi e spesso contraddittori interventi normativi.
Non c’è ancora una base chiara e solida, fatta di volontà politica, di norme chiare, di certezza di finanziamenti, di collaborazione istituzionale, di visione sullo sviluppo futuro di quelle aree appenniniche. Nel frattempo quei territori continuano a spopolarsi.
Le opere pubbliche necessarie per l’Umbria – secondo Legambiente – sono tutte nell’ambito dei trasporti ferroviari.
Il dossier pone l’attenzione al Raddoppio della tratta ferroviaria Spoleto-Terni, al Raddoppio ferroviario Foligno-Fabriano e più in generale al mancato raddoppio del collegamento ferroviario Orte-Falconara che non è più tra gli obiettivi di Rete Ferroviaria Italiana, c’è scritto nell’edizione di settembre del Piano Commerciale progettato da qui al 2023. Una scelta che crea non pochi problemi non solo per le Marche e l’Umbria ma per tutto il traffico merci e passeggeri del centro Italia e del Nord-Est.
L’altra opera urgente per l’Umbria è il ripristino della rete ex Ferrovia Centrale Umbria (FCU). Mentre nella parte nord dell’infrastruttura che collega Città di Castello (PG) con Ponte San Giovanni i lavori di ristrutturazione si sono conclusi, la tratta di circa 75 km Terni-Ponte San Giovanni è ancora ferma. La Regione ha chiesto a Rfi di avviare i lavori entro il 2019 per concluderli nel dicembre 2020, in ritardo di almeno 3 anni.
Emergenza nazionale anche la bonifica dei 41 Siti di Interesse Nazionale (SIN), per cui le procedure di bonifica sono a carico del Ministero dell’Ambiente, tra questi quello di Terni-Papigno. Sono trascorsi quasi 20 anni dalla perimetrazione dell’area per il ripristino ambientale senza passi rilevati.
“Vista la crisi climatica e i limiti di bilancio è necessario scegliere le priorità, e cambiare metodo perché finora si è agito sugli effetti senza prendere di petto le cause. Gli interventi che mettiamo in evidenza per l’Umbria sono coerenti con la lotta ai cambiamenti climatici – dichiara Maurizio Zara, presidente di Legambiente Umbria – consentirebbero di migliorare la qualità della vita dei cittadini umbri, di recuperare ritardi nelle infrastrutture regionali, di produrre un salto di qualità nella modernità per la nostra regione e per le aree interne e montane. Interventi che dovrebbero essere la priorità per l’Amministrazione regionale e le amministrazioni locali”.
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